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venerdì 12 giugno 2020

#STEP25- Un dialogo


Puntata 4 serie tv
Alessandro, dopo tutte queste vicende e dopo aver ragionato un po' su ciò che è giusto o sbagliato fare per preservare il nostro patrimonio culturale e poter mostrarlo a più persone possibili, decide di intraprendere un dialogo con il professore di Storia Baronetto, colui che ha organizzato la gita al museo.
Ale inizia il discorso:<<Professore, lei cosa ne pensa dei dispositivi elettronici nei musei ? E’ pro o contro al loro utilizzo?>>.
<<Beh sai, credo che l’esperienza che ne deriva è sicuramente meno coinvolgente rispetto a quella che può offrire una guida turistica. Mentre una guida offre un volto umano, i dispositivi elettronici tendono a rendere l’esperienza più individuale, quando invece la visita di un museo è spesso un’attività che domanda un’interazione sociale>> risponde il Professore Baronetto.
Alessandro, invece, la pensa diversamente:<<Da studi è emerso come i visitatori ricordino più informazioni ascoltando un’audioguida piuttosto che leggendo solamente le didascalie, inoltre spendono più tempo all’interno del museo, possono essere utili per persone con disabilità, permettono una visita più personalizzata, ad esempio scegliendo la lingua o contenuti personalizzati. Possono migliorare l’esperienza di visita ad esempio in una mostra d’arte, ascoltando tramite tablet la voce dell’artista stesso. Infine, risultano più flessibili rispetto a tour guidati, perché non richiedono una presenza del visitatore ad orari pre-accordati.>>
<<Però è stato notato come nell’utilizzo di guide digitali i visitatori tendano a guardare lo schermo del computer più che  l’esposizione.L’utente può sentirsi sovraccaricato dalle troppe informazioni che vengono veicolate e non corrispondono ai suoi interessi.>> espone il Professore.
Alessandro allora afferma :<<Una soluzione possibile potrebbe essere trasmettere certi contenuti in successione, solo dopo che sono state ricevute altre informazioni necessarie alla loro comprensione.>>
<<Hai ragione potrebbe essere un’idea.>> dice sorridendo il Professore.
Alessandro pensieroso chiede :<< Ma cosa si può intendere per bene culturale? Una statua fatta da un grande scultore? Un dipinto fatto da un grande pittore?...>>
Il professore interrompe subito Ale :<< Ale guardati intorno, ciò che hai scritto nei libri che hai dentro lo zaino, ciò che guardi passeggiando per la città. E’ tutto un patrimonio culturale da difendere, è un bene tutto ciò che ha un valore storico.>>
<<Ma allora cosa ne pensa del  dibattito sulla privatizzazione del patrimonio storico-artistico italiano, cioè l'introduzione di forme di gestione con la partecipazione dei soggetti privati, che ha assunto un ruolo centrale nella sfera politica e in quella socio-economica?>> chiede curioso Ale.
<<Dare la gestione dei beni culturali a fondazioni miste è la nuova frontiera di alleanza tra pubblico e privato. Il bene culturale rimane un patrimonio disponibile al pubblico, ma diventa anche un’attività d’impresa, sostenuta dai capitali privati. I progetti pilota dimostrano che le reti miste possono conseguire risultati che le istituzioni pubbliche da sole non sono state in grado di raggiungere.>> risponde il Professore.
Alessandro che aveva idee contrapposte, risponde:<< I ruoli decisionali del pubblico e del privato nella gestione dei beni culturali non possono essere equiparati: i fondi privati saranno sempre minimi di fronte al valore dei beni. Con le fondazioni miste, lo Stato tende a mettersi in minoranza. C’è il rischio che questi network misti non si responsabilizzino nel lungo periodo e tali progetti portino un aumento dei costi di gestione del pubblico. Poi, Dare la gestione dei beni culturali ai privati delega funzioni come la formazione della memoria e dell’identità comunitarie, manipolabili da soggetti privati, i cui interessi differiscono da quelli sociali. La gestione imprenditoriale diminuirebbe la qualità dell’offerta culturale. I “musei-impresa” offrirebbero al pubblico ciò che vuole, non contribuendo alla crescita culturale della comunità.>>
Dopo aver confrontato le loro idee, i due uomini tornano ognuno a casa propria continuando a riflettere sul dialogo appena avuto.

mercoledì 10 giugno 2020

#STEP24-La sintesi finale


I beni culturali sono tutte le testimonianze, materiali e immateriali, aventi valore di civiltà. Da questa definizione si comprende che sono beni culturali non solo gli oggetti d'arte, ma tutte quelle cose che hanno un valore storico, quali libri, documenti, oggetti d'uso comune, vestiti, strumenti scientifici, ecc.
Tante le persone che hanno cercato di valorizzare il patrimonio culturale, di fondamentale importanza:
“Il patrimonio culturale è diventato oggetto di un mercimonio indegno che ha messo in secondo piano la sua vera importanza, ovvero quella di formare persone pensanti.” E’ quanto affermato da Federico Giannini, autore di “Un patrimonio da riconquistare”, il libro che vuole sottolineare come non può esistere una valorizzazione economica dei nostri monumenti e beni culturali se non esiste capacità di investire, di promuovere, di formare, di organizzare, di pensare(Un patrimonio da riconquistare).
Alberto Angela, che valorizza i beni culturali attraverso i monumenti, le città… descrivendo tutta la storia dell’umanità(Un protagonista).
Francesca Valbruzzi, Paolo Russo con il libro ‘’Utopia e Impostura’’. Il filo rosso che attraversa la narrazione è lo stretto legame tra politica e cultura, il suo evolversi come innovativo progetto di una “politica dei beni culturali” e la sua progressiva dissoluzione, sancita in ultimo dall’imperio del ceto politico a detrimento della autonomia delle competenze scientifiche(Utopia e Impostura).
Oltre i monumenti e le bellezze architettoniche, anche la letteratura può essere considerata come patrimonio culturale, ad esempio:
La Repubblica di Platone, che riguarda ciò che viene detto φιλοσοφία περὶ τὰ ἀνθρώπινα ("filosofia delle cose umane"), e coinvolge argomenti e discipline come l'ontologia, la gnoseologia, la filosofia politica, il collettivismo, il sessismo, l'economia, l'etica medica e l'etica in generale(La Repubblica di Platone).
 Galileo Galilei, con  ‘’Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo’’ che ci fa comprendere meglio come sono state affrontate le scoperte più importanti (Il Dialogo).
Leopardi nello Zibaldone ci parla della Lingua come qualcosa da difendere e proteggere (Zibaldone).
Ma il tema ‘bene culturale’ ha anche diviso le opinioni di tantissima gente, dal pagamento del biglietto per entrare in luoghi di cultura fino ad arrivare a chiedersi se il web fosse abbastanza accurato per farci esplorare il nostro patrimonio attraverso uno schermo(Etica).
Ma una cosa deve essere sicura, i beni culturali DEVONO venire difesi a tutti i costi perché sono ciò che hanno formato la storia dell’umanità. Dobbiamo capire il passato per cercare di essere migliori. Nessuna violenza contro tutto ciò definito patrimonio culturale dovrebbe essere trascurata. Siamo i protagonisti del nostro futuro e per renderlo migliore dobbiamo sempre essere a conoscenza di tutto ciò che l’uomo ha fatto di grande e ciò che ha rovinato.
Definizione ed etimologia del termine
Definizione in altre lingue
Storia del termine
Immagine simbolo
Mitologia
Messaggio pubblicitario
Opera poetica
Arti figurative
Nel cinema
Nella pandemia 
Nell'ingegneria 
Un fatto di cronaca
Di fronte ai limiti 
Un abbecedario 
Nella filosofia contemporanea
Serie Tv
Una mappa concettuale  

lunedì 8 giugno 2020

#STEP23-Una mappa concettuale


#STEP22-Serie tv


PRAESIDIUM
Le storie di quattro ragazzi liceali di Roma, Eva, Alessandro, Margherita e Marco, legati da una profonda amicizia che cercano di scoprire meglio la loro città e cosa fare o non fare per conservare tutta la storia che ci ha resi ciò che siamo oggi.
PRIMA PUNTATA
Il WEB
Eva, Alessandro, Margherita e Marco si ritrovano nel loro bar preferito per prendere un caffè prima di entrare alla seconda ora a scuola. Guardando uno spezzone di una puntata di Alberto Angela sulle bellezze di Roma e su tutta la storia che racconta questa magica città, si chiedono se ne sanno davvero così tanto come pensano.
<<Roma è una delle città più belle del mondo e noi non conosciamo davvero nulla nonostante siano diciassette anni che ci viviamo!>> affermò Eva.
<< Ma non hai bisogno di andare a vedere tutto, è una faticaccia! Basta collegarsi e hai tutto sul tuo cellulare! Cosa vuoi visitare in due minuti? I Fori Imperiali? Ecco a te, a portata di click!>> aggiunse Marco tenendo stretto il suo cellulare con aria spavalda.
<< Ma cosa stai dicendo Marco! Secondo me visitare i luoghi è tutta un’altra storia. Visitare i posti ricchi di storia, di vicende, ci aiuta a immedesimarci meglio! Smettila di fare di quel cellulare tutta la tua vita!>> disse Margherita.
Dopo un ampio dibattito sul web, i ragazzi si accorsero che si era fatto tardi e si incamminarono verso l’entrata della scuola.

SECONDA PUNTATA
IL MUSEO
Gli insegnanti del liceo decisero di portare gli studenti al Museo dell’Ara Pacis di Roma. Quando uno dei professori disse ai ragazzi di dover pagare il biglietto, Margherita incalzò brutalmente:<< Pagare il biglietto? E’ assurdo! La cultura non dovrebbe essere a pagamento!>>
<< Margherita non la penso come te, l’arte e la cultura vanno valorizzate come beni preziosi, alla cui conservazione siamo tutti chiamati a contribuire in qualche modo.>>  aggiunse Eva.
Margherita rispose:<<Un biglietto a pagamento è una barriera tra il fruitore e il museo, e le istituzioni statali dovrebbero essere gratuite per tutti, puntando piuttosto a realizzare introiti attraverso la gestione dell’indotto, come la vendita di articoli nei bookshop, l’apertura di punti di ristoro nei musei stessi e il fatto che attirando visitatori si dia lavoro alle strutture del territorio, come gli alberghi e i ristoranti.>>
Sul fatto che le due ragazze non avessero la stessa linea di pensiero non si discuteva, ma cercarono comunque di continuare il percorso del museo immerse nella bellezza storica.

TERZA PUNTATA
LA PROTEZIONE
Sabato pomeriggio i quattro amici decisero di prendere un gelato vicino Piazza di Spagna.
<<Quanto è bella questa città eterna ragazzi, peccato che non venga protetta, la gente il più delle volte non ha per nulla rispetto, buttano carta e plastica ovunque, persino all’interno dei monumenti più belli!>> disse Ale a bocca piena mentre mangiava il suo gelato alla vaniglia.
<<Vi ricordate il post partita Roma-Feyenoord, gli olandesi che devastarono la Barcaccia? Spero tanto venga fatta giustizia, nessuno dovrebbe comportarsi così incivilmente davanti a pezzi di storia.>> affermò Margherita.
<< Peccato che finirà in un nulla di fatto, non ci sono immagini video contro di loro quella notte!>> aggiunse Luca.
<< Fatto sta che la storia dovrebbe venire protetta, ci ha portati ad essere ciò che siamo oggi e deve venire conservata e rispettata. Il patrimonio culturale che abbiamo ci aiuta a comprendere cosa non dobbiamo essere e come migliorare.>> concluse Eva.

Patrimonio culturale italiano


L’Italia possiede il più grande patrimonio culturale a livello mondiale. Oltre 4.000 musei, 6.000 aree archeologiche, 85.000 chiese soggette a tutela e 40.000 dimore storiche censite. L’Italia è anche “arte a cielo aperto” con le sue coste, le sue riserve e paesaggi naturali.
Ogni 100 km2 in Italia si contano mediamente oltre 33 beni censiti. Il 18% del territorio italiano – più di 55.000 chilometri quadrati – è soggetto ad attività di tutela da parte dello Stato.
Inoltre, secondo il Country Brand Index, il marchio “Italia” si piazzerebbe al 1° posto nella classifica che riguarda il turismo e i beni culturali. Sono solo alcuni numeri che descrivono l’importanza e la grandezza del patrimonio artistico e culturale italiano. Al resto, ci pensa l’articolo 9 della nostra Costituzione:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
La domanda sul valore economico dei beni culturali italiani è diventata di dominio comune da quando la Corte dei Conti ha accusato le agenzie di rating (Fitch, Moody’s e Standard & Poors) per aver declassato l’Italia senza stimare il valore dei suoi “tesori”.
Secondo i dati dell’ultimo bilancio del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, il patrimonio italiano al 31/12/2016 è pari a 986 miliardi di euro tra attività finanziarie e non finanziarie.
Gli “oggetti d’arte”, classificati come beni mobili di valore culturale, biblioteche ed archivi (beni storici, beni artistici, beni demo-etno-antropologici, beni archeologici, beni paleontologici, beni librari, beni archivistici), valgono 174 miliardi di euro (il 10,4% del PIL).
A fronte della ricchezza del patrimonio culturale italiano, emergono tuttavia alcune criticità. L’Italia è al penultimo posto (dietro la Grecia) per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,4% a fronte del 2,1% medio Ue).
Siamo ricchi ma non sappiamo sfruttare il nostro patrimonio: il ritorno degli asset culturali della Francia e del Regno unito è tra 4 e 7 volte più grande di quello italiano (fonte Pwc).Siamo, quindi, tutti chiamati ad intervenire al fine di salvaguardare e tutelare al meglio il nostro patrimonio artistico e culturale.

Mappa dei Siti Patrimonio dell'Umanità UNESCO in Italia.

venerdì 5 giugno 2020

Le cattedrali barocche dell’America latina


Influenzata dalle tendenze spagnole, l'architettura messicana si avvicinò al Barocco tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, sfociando nel Churriguerismo, uno stile dalla decorazione esuberante che si diffuse soprattutto nel Settecento in Spagna e nell'America latina. Questa corrente è riscontrabile nelle campagne piuttosto che nei grandi centri urbani, dove invece sorsero le grandi cattedrali barocche di Città del Messico (1573-1667) e di Puebla (1551-1664).
Il Brasile invece restò dipendente dalla cultura portoghese; una prima chiesa barocca sorse nel 1652 a Rio de Janeiro, ma in seguito lo stile si diffuse soprattutto a São Salvador da Bahia ed a Minas Gerais, restando in auge fino ai primi anni dell'Ottocento.
Con il colonialismo, le forme dell'architettura europea furono introdotte anche in India. In particolare, con la conquista dell'India da parte dei portoghesi, l'architettura dello stato di Goa risentì del riflesso del Barocco portoghese.

giovedì 4 giugno 2020

Victoria Falls


Le Cascate Vittoria (Victoria Falls) sono delle cascate che si trovano in Africa centrale, lungo il corso del fiume Zambesi (o Zambezi), che in questo punto demarca il confine geografico e politico tra Zambia e Zimbabwe. Il fronte delle cascate è lungo più di un chilometro e mezzo, mentre la loro altezza media è di 128 metri. La loro particolarità è dovuta alla geografia del luogo nel quale sorgono, una gola profonda e stretta che permette di ammirare tutto il fronte della cascata dall'altra sponda.
David Livingstone, il celebre esploratore scozzese, fu il primo occidentale a visitare le cascate il 17 novembre 1855. Esercitando l'antico diritto d'ogni esploratore, diede loro il nome dell'allora Regina d'Inghilterra, la Regina Vittoria. Le cascate tuttavia erano già note localmente con il nome di Mosi-oa-Tunya, espressione che significa il fumo che tuona. Le cascate fanno parte di due parchi nazionali, il Parco nazionale Mosi-oa-Tunya in Zambia e il Parco nazionale delle Cascate Vittoria in Zimbabwe, e sono oggi una delle attrazioni turistiche più importanti del sud del continente africano. Le cascate Vittoria sono patrimonio dell'umanità protetto dall'UNESCO.


martedì 2 giugno 2020

La Grande barriera corallina


La Grande barriera corallina (in inglese Great Barrier Reef) è la più grande estensione di corallo nel mondo, composta da oltre 2 900 barriere coralline singole e da 900 isole; si estende per 2 300 km, su una superficie di circa 344 400 km². È una delle più grandi attrazioni turistiche dell'Australia, generando ogni anno un reddito per 5 miliardi di dollari australiani (3,9 miliardi di dollari).
Nel 1768 il navigatore britannico James Cook partì per il suo primo viaggio nel Pacifico a bordo della HM Bark Endeavour. A James Cook era stato anche chiesto di scoprire il continente meridionale, o Terra Australis, che secondo gli scienziati doveva esistere per bilanciare la massa terrestre dell'emisfero settentrionale. Così, navigando in direzione sud-ovest da Tahiti, Cook scoprì la Nuova Zelanda, e impiegò sei mesi per disegnarne la mappa. Proseguendo verso ovest, arrivò quindi alla costa sud-orientale dell'Australia, e nell'aprile del 1770 sbarcò a Botany Bay, così battezzata da lui e dal naturalista Joseph Banks, suo compagno di viaggio, a causa della flora insolita e affascinante presente sulle sue coste. Virando verso nord, Cook si tenne vicino alla costa per tracciarne con cura la mappa, ma finì nei bassi fondali della laguna che separa le barriere coralline della costa, dai 16 ai 160 km di distanza. Nonostante le precauzioni, la nave ben presto si incagliò e dovette essere tirata in secca. Nei due mesi che occorsero per ripararla, Cook ebbe tutto il tempo per studiare la meraviglia della barriera. Dopo Cook, intere generazioni di esploratori, scienziati e turisti hanno studiato la barriera e le sue meraviglie. Essa si estende per più di 2.000 km, parallelamente alla linea costiera dell'Australia nord-orientale, seguendo i contorni della piattaforma continentale. Nonostante il suo nome, essa è composta da circa 3.000 singoli banchi e isolotti di corallo collegati l'uno all'altro, ognuno a un diverso stadio di sviluppo, e separati da stretti canali tortuosi. In alcuni punti, come al largo di capo Melville, a nord, la barriera corallina è una stretta striscia di corallo, mentre vicino a capo Manifold, a sud, misura 320 km di larghezza. Lungo la barriera si possono trovare gli Wonky hole, delle sorgenti sottomarine di acqua dolce.

#STEP21-L'etica


Gli eventi culturali forniscono un contributo importante allo sviluppo economico dei territori su cui insistono; tuttavia, per quantificare l’entità e il segno positivo o negativo dell’impatto economico, è necessario seguire un iter metodologico preciso, che nelle prime fasi passa attraverso un meticoloso processo di raccolta di informazioni di carattere qualitativo e quantitativo, poiché gli eventi culturali generano impatti diversi: culturali, etici, sociali, economici, fiscali, occupazionali, ambientali, immobiliari. In questo Paese sono almeno 20 anni che si chiede di aprire i musei a tutti con gratuità di accesso, come si chiede che le risorse pubbliche destinate alla cultura raggiungano almeno l’1% del bilancio dello Stato (attualmente pari allo 0,26%). Ma non succede niente. Si sono trovati un po’ di soldi, si sono fatti enormi passi in avanti, ma la mentalità economicista con cui si rimane legati alla pratica del biglietto a pagamento persiste imperterrita. La sua radicalità è almeno pari all’incapacità di vedere nell’economia qualcosa di diverso dai soldi, come ad esempio, regole efficienti e riconoscimento del valore economico e di capitale della cultura.  Da un lato si giudica corretto far pagare un biglietto, anche a costo contenuto, per affermare il concetto che l’arte e la cultura vanno valorizzate come beni preziosi, alla cui conservazione siamo tutti chiamati a contribuire in qualche modo. Dall’altro si sostiene che un biglietto a pagamento è una barriera tra il fruitore e il museo, e che le istituzioni statali dovrebbero essere gratuite per tutti, puntando piuttosto a realizzare introiti attraverso la gestione dell’indotto, come la vendita di articoli nei bookshop, l’apertura di punti di ristoro nei musei stessi e il fatto che attirando visitatori si dia lavoro alle strutture del territorio, come gli alberghi e i ristoranti. Nei Paesi europei sono in vigore entrambe le soluzioni. In Gran Bretagna, ad esempio, i musei sono gratuiti per tutti, mentre sono a pagamento le mostre temporanee, eppure la gestione delle grandi strutture è generalmente in attivo. In Francia, si paga, invece, il biglietto, all’incirca con le stesse forme di riduzione e/o gratuità in vigore qui da noi. Come si spiega allora il fatto che tutti i musei statali italiani nel loro complesso arrivano a incassare in un anno meno di un quarto del solo Louvre? La risposta sta probabilmente in una pessima gestione globale delle nostre strutture, senza un disegno preciso e senza uniformità tra le varie regioni, a cui sono state concesse autonomie decisionali quantomeno discutibili. Esistono regioni come il Friuli, in cui tutti i musei statali presenti sono a ingresso gratuito, e altre come l’Umbria in cui sono tutti a pagamento. Ci sono anche strutture con dieci custodi, ma che hanno in media uno/due visitatori al giorno, e con un incasso annuale di  poche centinaia di euro non si possono pagare dieci stipendi, mentre a volte in musei più grandi il personale è carente. Al Ministero dei beni Culturali non è però prevista la mobilità dei dipendenti, che non possono essere trasferiti da una struttura all’altra come avviene invece in altri settori statali. La scelta di far pagare o meno i biglietti d’ingresso andrebbe, quindi, preceduta da una ben più vasta revisione della gestione economica del Ministero, con un uso migliore delle risorse umane a disposizione, l’unificazione dei criteri amministrativi tra le regioni e magari la valorizzazione di quei musei oggi quasi sconosciuti al grande pubblico, ma che spesso contengono tesori artistici di valore inestimabile.

mercoledì 27 maggio 2020

Parco Nazionale del Serengeti


Il Parco nazionale del Serengeti (in inglese Serengeti National Park, dalla lingua delle popolazioni masai locali, "pianura sconfinata") è una delle più importanti aree naturali protette dell'Africa orientale. Con una superficie di 14.763 km², si trova nel nord della Tanzania, nella pianura omonima, tra il lago Vittoria e il confine con il Kenya (1.30'-3.20' S, 34.00'-35.15' E), adiacente al parco keniota di Masai Mara, alla riserva naturale di Ngorongoro e ad altre importanti riserve faunistiche. Dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1981, rappresenta una delle principali attrazioni turistiche della Tanzania, e la più importante di un sistema di quattro aree naturali protette detto "Northern Safari Circuit", che include anche il Parco nazionale del lago Manyara, il parco nazionale del Tarangire, il parco nazionale di Arusha e la riserva naturale di Ngorongoro.

#STEP20-Nello Zibaldone di Leopardi


Leopardi, nello Zibaldone, manifesta una certezza: l’Italia non è una nazione. Gli italiani erano una volta attivissimi per il loro entusiasmo, mentre nel 1820, il poeta li trovava distratti da un specie di sogno o di stato onirico da cui non sapevano uscire se non cercando di imitare contesti nazionali estranei. In sostanza in Italia, secondo questa analisi, esisteva un disconoscimento continuo e reciproco per cui nessuno poteva emergere nel suo reale valore. Al contrario, gli stranieri non rispettano gli altri se non per essere rispettati a loro volta, e risparmiati dalle critiche altrui: e ci riescono. Mentre in Italia esiste la lotta del singolo contro l’altro singolo. Pertanto, scrive Leopardi nel 1827: “Il presente progresso della civiltà, è ancora un risorgimento; consiste ancora, in gran parte, in ricuperare il perduto”. Era una visione laica del ritorno allo  125 riacquisizione del credito perduto nei confronti degli altri popoli e la possibilità di tornare a diventare una nazione. Nella raccolta di pensieri è anche affrontato l’aspetto dell’eventuale unità linguistica nazionale. Leopardi si dichiarava assolutamente contrario all’imposizione di una lingua. In particolare, nello specifico si riferiva alla lingua fiorentina (“La Germania ne profitta per la libertà della sua lingua. Noi non potremo, e prevarranno coloro che vi vogliono ristringere al toscano, anzi al fiorentino”) e affermava che è cosa ridicola che in paese, del tutto privo di unità, dove nessuna città e nessuna provincia sovrastava l’altra, si volesse introdurre una “tirannia” nella lingua, la quale non avrebbe potuto sussistere senza uniformità di costumi nella nazione, e senza la “tirannia”, cioè un governo forte e unitario della società, di cui l’Italia era del tutto priva.  Leopardi continuava a parlare delle lingue, anche se parlava delle “nazioni state civili in antico”, perché nessuna nazione può presentare due lingue “illustri”, come il latino e poi l’italiano che conquistò anche le altre nazioni che divennero per qualche tempo “italiane di costumi e di lingua e letteratura”.
Poiché niuna delle altre nazioni state civili in antico, sono risorte a civiltà moderna e presente, e nessuna delle nazioni presentemente civili, fu mai civile (che si sappia) in antico, se non l’italiana. Così niun’altra nazione può mostrare due lingue illustri da lei usate e coltivate generalmente, (come può far l’italiana) se non in quanto la nostra antica lingua, cioè la latina, si diffuse insieme coi nostri costumi per l’Europa a noi soggetta, e fece per qualche tempo italiane di costumi e di lingua e letteratura le Gallie, le Spagne, la Numidia (che non è più risorta a civiltà) ec.
Leopardi nello Zibaldone difende la lingua come patrimonio culturale. Quindi ognuna, delle lingue via via formatesi storicamente, nasce dalla necessità di dar specifica forma espressivo-comunicativa alla esperienza di un determinato popolo. Ogni popolo «formando le sue cognizioni, formò insieme la lingua», dando determinazione e caratterizzazione a quella «lingua assolutamente madre» [746, 1500] che altro non è, appunto, se non una matrice primitiva, a partire dalla quale - per dirla con linguaggio evoluzionistico - l'ominide è diventato uomo.

#STEP25- Un dialogo

Puntata 4 serie tv Alessandro, dopo tutte queste vicende e dopo aver ragionato un po' su ciò che è giusto o sbagliato fare per prese...