Visualizzazioni totali

mercoledì 27 maggio 2020

#STEP20-Nello Zibaldone di Leopardi


Leopardi, nello Zibaldone, manifesta una certezza: l’Italia non è una nazione. Gli italiani erano una volta attivissimi per il loro entusiasmo, mentre nel 1820, il poeta li trovava distratti da un specie di sogno o di stato onirico da cui non sapevano uscire se non cercando di imitare contesti nazionali estranei. In sostanza in Italia, secondo questa analisi, esisteva un disconoscimento continuo e reciproco per cui nessuno poteva emergere nel suo reale valore. Al contrario, gli stranieri non rispettano gli altri se non per essere rispettati a loro volta, e risparmiati dalle critiche altrui: e ci riescono. Mentre in Italia esiste la lotta del singolo contro l’altro singolo. Pertanto, scrive Leopardi nel 1827: “Il presente progresso della civiltà, è ancora un risorgimento; consiste ancora, in gran parte, in ricuperare il perduto”. Era una visione laica del ritorno allo  125 riacquisizione del credito perduto nei confronti degli altri popoli e la possibilità di tornare a diventare una nazione. Nella raccolta di pensieri è anche affrontato l’aspetto dell’eventuale unità linguistica nazionale. Leopardi si dichiarava assolutamente contrario all’imposizione di una lingua. In particolare, nello specifico si riferiva alla lingua fiorentina (“La Germania ne profitta per la libertà della sua lingua. Noi non potremo, e prevarranno coloro che vi vogliono ristringere al toscano, anzi al fiorentino”) e affermava che è cosa ridicola che in paese, del tutto privo di unità, dove nessuna città e nessuna provincia sovrastava l’altra, si volesse introdurre una “tirannia” nella lingua, la quale non avrebbe potuto sussistere senza uniformità di costumi nella nazione, e senza la “tirannia”, cioè un governo forte e unitario della società, di cui l’Italia era del tutto priva.  Leopardi continuava a parlare delle lingue, anche se parlava delle “nazioni state civili in antico”, perché nessuna nazione può presentare due lingue “illustri”, come il latino e poi l’italiano che conquistò anche le altre nazioni che divennero per qualche tempo “italiane di costumi e di lingua e letteratura”.
Poiché niuna delle altre nazioni state civili in antico, sono risorte a civiltà moderna e presente, e nessuna delle nazioni presentemente civili, fu mai civile (che si sappia) in antico, se non l’italiana. Così niun’altra nazione può mostrare due lingue illustri da lei usate e coltivate generalmente, (come può far l’italiana) se non in quanto la nostra antica lingua, cioè la latina, si diffuse insieme coi nostri costumi per l’Europa a noi soggetta, e fece per qualche tempo italiane di costumi e di lingua e letteratura le Gallie, le Spagne, la Numidia (che non è più risorta a civiltà) ec.
Leopardi nello Zibaldone difende la lingua come patrimonio culturale. Quindi ognuna, delle lingue via via formatesi storicamente, nasce dalla necessità di dar specifica forma espressivo-comunicativa alla esperienza di un determinato popolo. Ogni popolo «formando le sue cognizioni, formò insieme la lingua», dando determinazione e caratterizzazione a quella «lingua assolutamente madre» [746, 1500] che altro non è, appunto, se non una matrice primitiva, a partire dalla quale - per dirla con linguaggio evoluzionistico - l'ominide è diventato uomo.

Nessun commento:

Posta un commento

#STEP25- Un dialogo

Puntata 4 serie tv Alessandro, dopo tutte queste vicende e dopo aver ragionato un po' su ciò che è giusto o sbagliato fare per prese...