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mercoledì 27 maggio 2020

Parco Nazionale del Serengeti


Il Parco nazionale del Serengeti (in inglese Serengeti National Park, dalla lingua delle popolazioni masai locali, "pianura sconfinata") è una delle più importanti aree naturali protette dell'Africa orientale. Con una superficie di 14.763 km², si trova nel nord della Tanzania, nella pianura omonima, tra il lago Vittoria e il confine con il Kenya (1.30'-3.20' S, 34.00'-35.15' E), adiacente al parco keniota di Masai Mara, alla riserva naturale di Ngorongoro e ad altre importanti riserve faunistiche. Dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1981, rappresenta una delle principali attrazioni turistiche della Tanzania, e la più importante di un sistema di quattro aree naturali protette detto "Northern Safari Circuit", che include anche il Parco nazionale del lago Manyara, il parco nazionale del Tarangire, il parco nazionale di Arusha e la riserva naturale di Ngorongoro.

#STEP20-Nello Zibaldone di Leopardi


Leopardi, nello Zibaldone, manifesta una certezza: l’Italia non è una nazione. Gli italiani erano una volta attivissimi per il loro entusiasmo, mentre nel 1820, il poeta li trovava distratti da un specie di sogno o di stato onirico da cui non sapevano uscire se non cercando di imitare contesti nazionali estranei. In sostanza in Italia, secondo questa analisi, esisteva un disconoscimento continuo e reciproco per cui nessuno poteva emergere nel suo reale valore. Al contrario, gli stranieri non rispettano gli altri se non per essere rispettati a loro volta, e risparmiati dalle critiche altrui: e ci riescono. Mentre in Italia esiste la lotta del singolo contro l’altro singolo. Pertanto, scrive Leopardi nel 1827: “Il presente progresso della civiltà, è ancora un risorgimento; consiste ancora, in gran parte, in ricuperare il perduto”. Era una visione laica del ritorno allo  125 riacquisizione del credito perduto nei confronti degli altri popoli e la possibilità di tornare a diventare una nazione. Nella raccolta di pensieri è anche affrontato l’aspetto dell’eventuale unità linguistica nazionale. Leopardi si dichiarava assolutamente contrario all’imposizione di una lingua. In particolare, nello specifico si riferiva alla lingua fiorentina (“La Germania ne profitta per la libertà della sua lingua. Noi non potremo, e prevarranno coloro che vi vogliono ristringere al toscano, anzi al fiorentino”) e affermava che è cosa ridicola che in paese, del tutto privo di unità, dove nessuna città e nessuna provincia sovrastava l’altra, si volesse introdurre una “tirannia” nella lingua, la quale non avrebbe potuto sussistere senza uniformità di costumi nella nazione, e senza la “tirannia”, cioè un governo forte e unitario della società, di cui l’Italia era del tutto priva.  Leopardi continuava a parlare delle lingue, anche se parlava delle “nazioni state civili in antico”, perché nessuna nazione può presentare due lingue “illustri”, come il latino e poi l’italiano che conquistò anche le altre nazioni che divennero per qualche tempo “italiane di costumi e di lingua e letteratura”.
Poiché niuna delle altre nazioni state civili in antico, sono risorte a civiltà moderna e presente, e nessuna delle nazioni presentemente civili, fu mai civile (che si sappia) in antico, se non l’italiana. Così niun’altra nazione può mostrare due lingue illustri da lei usate e coltivate generalmente, (come può far l’italiana) se non in quanto la nostra antica lingua, cioè la latina, si diffuse insieme coi nostri costumi per l’Europa a noi soggetta, e fece per qualche tempo italiane di costumi e di lingua e letteratura le Gallie, le Spagne, la Numidia (che non è più risorta a civiltà) ec.
Leopardi nello Zibaldone difende la lingua come patrimonio culturale. Quindi ognuna, delle lingue via via formatesi storicamente, nasce dalla necessità di dar specifica forma espressivo-comunicativa alla esperienza di un determinato popolo. Ogni popolo «formando le sue cognizioni, formò insieme la lingua», dando determinazione e caratterizzazione a quella «lingua assolutamente madre» [746, 1500] che altro non è, appunto, se non una matrice primitiva, a partire dalla quale - per dirla con linguaggio evoluzionistico - l'ominide è diventato uomo.

#STEP19- Nell'utopia


UTOPIA E IMPOSTURA

Tutela e uso sociale dei beni culturali in Sicilia al tempo dell'Autonomia

Anno: 2019
Autore/i: Francesca Valbruzzi, Paolo Russo con la presentazione di Carlo Pavolini
In virtù dei decreti delega del Presidente della Repubblica, con i quali nel 1975 si dava attuazione allo Statuto autonomistico della Regione Siciliana, la Sicilia dispone di competenza esclusiva in materia di tutela dei beni culturali presenti nel territorio regionale. Muovendo dalla stringente attualità, il libro si propone di ricostruire storicamente nascita e declino dello speciale sistema di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale istituito nell'isola con l’approvazione delle leggi regionali n. 80/1977 e n. 116/1980. Di questa lunga storia, la cui narrazione per necessità procede attraverso la selezione di momenti significativi, si evidenziano prospettive e limiti, le grandi aspettative e le profonde delusioni: l’Utopia del progetto istituzionale e l’Impostura nella sua attuazione. Della prima si rievocano le peculiari radici storiche, si rintracciano gli apporti, anche individuali, segnalando gli aspetti ritenuti più innovativi in una proiezione nazionale. Della seconda si prova a ricercare le cause, a disvelare i processi degenerativi, anche quelli meno conosciuti, e conseguentemente a suggerirne le responsabilità. Il filo rosso che attraversa la narrazione è lo stretto legame tra politica e cultura, il suo evolversi come innovativo progetto di una “politica dei beni culturali” e la sua progressiva dissoluzione, sancita in ultimo dall’imperio del ceto politico a detrimento della autonomia delle competenze scientifiche. Ne scaturisce un affresco vivace e singolare, che suona anche come un monito, un allarme per tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti del patrimonio culturale della Nazione.

martedì 26 maggio 2020

#STEP18-Nella filosofia contemporanea


I MISTERI DI DIONISO TRA SCHELLING E NIETZSCHE (LETTURE DEL TUFFATORE)
Ad intervenire è Francesco Tomatis, professore ordinario in filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Salerno, con una relazione che tocca il tema centrale della mostra “L’immagine invisibile. La Tomba del Tuffatore”: “I misteri di Dioniso tra Schelling e Nietzsche”.
Dioniso non è solo, assieme ad Orfeo, la figura chiave della religione misterica cui il Tuffatore potrebbe essere collegato, ma è anche il dio che ad un certo punto irrompe nello spazio della riflessione filosofica europea. Schelling lo comprende come il passaggio stesso dalla mitologia alla rivelazione; per Nietzsche, invece, il dio dell’ebrezza incarna il più potente «dire sì» alla vita. Eppure, come ci mostrerà Tomatis, i due filosofi tedeschi interpretano Dioniso in maniera significativamente analoga, pur nelle rispettive peculiarità di pensiero.
“La nostra mostra sul Tuffatore parla anche di Nietzsche – spiega il direttore del Parco Archeologico Paestum, Gabriel Zuchtriegel – come lo farà Francesco Tomatis. Ma quello che voglio sottolineare è che non si tratta qui di accostamenti arbitrari o cosiddette contaminazioni, ma di un dialogo reale tra filosofia, epistemologia e scienze storiche che esiste e che è sempre esistito e di cui una macchina culturale quale un museo deve tener conto. L’archeologia pura non esiste, è sempre parte di un presente e di un pensiero contemporaneo.”
Fonte: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI


lunedì 18 maggio 2020

#STEP 17- Un abbecedario


Adesione
Bellezza
Conoscenza
Difesa
Evento
Fiorire
Guardare
Harbor
Indifeso
Libro
Monumento
Nozione
Organizzazione
Protezione
Quadro  
Ricchezza
Sapienza
Territorio
Urbano
Valorizzazione
Zoopaleontologia

venerdì 15 maggio 2020

#STEP16-Un protagonista



Alberto Angela (Parigi, 8 aprile 1962), scrittore e divulgatore scientifico, ha ricevuto il riconoscimento dall’Università di Palermo in un’affollata cerimonia nella Sala delle Capriate dello Steri.
“Questo è un riconoscimento alla bellezza del nostro patrimonio, io non faccio altro che descriverlo, portandolo nelle case di tutti”. Così Alberto Angela commenta la laurea “honoris causa” in Comunicazione del patrimonio culturale che gli è stata conferita dall’Università di Palermo. Il paleontologo e scrittore che racconta come pochi altri storie, luoghi e monumenti del mondo, riuscendo a coniugare il rigore scientifico con la divulgazione di massa, è stato accolto calorosamente nella Sala delle Capriate, dopo aver visitato il soffitto ligneo della Sala Magna, che ha definito “una dichiarazione d’amore per l’arte”.


#STEP15- di fronte ai limiti



Il Rapporto sui limiti dello sviluppo (dal libro The Limits to Growth. I limiti dello sviluppo), commissionato al MIT dal Club di Roma, fu pubblicato nel 1972 da Donella H. Meadows (13 marzo 1941 / 20 febbraio 2001) , Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III.
Il rapporto, basato sulla simulazione al computer World3, predice le conseguenze della continua crescita della popolazione sull'ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana.
Gli autori sostengono, in sintesi, che si deve accettare l'idea della finitezza della Terra, che è necessario intraprendere più azioni coordinate per gestire tale finitezza, che gli effetti negativi dei limiti dello sviluppo rischiano di diventare tanto più pesanti quanto più tardi si agirà.
Ricordano, al riguardo, che vi sono stati due precedenti:
-la rivoluzione agricola, che vide i nomadi del mesolitico insediarsi e inventare l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, dando vita al neolitico;
-la rivoluzione industriale, che risolse i timori di Thomas Malthus sulla sovrappopolazione grazie ad un enorme sviluppo della produttività;
e prospettano quindi una "rivoluzione sostenibile" di lunga durata come le precedenti, per nulla simile a cambiamenti repentini come la rivoluzione francese, in grado di dare nuove risposte al problema millenario della vita umana sulla Terra. Notano, tuttavia, che la "rivoluzione sostenibile" dovrà essere accompagnata ben più delle precedenti dalla consapevolezza della sua necessità e degli obiettivi di massima da raggiungere. Ricordare cosa è già successo in passato e le conseguenze, a volte disastrose dell’impatto umano sulla natura, stravolgendo e a volte distruggendo il corso naturale delle cose potrebbe farci capire quali sono i limiti che l’uomo deve porsi nel progresso tecnologico. Per questo motivo, la storia è il nostro patrimonio culturale che può farci evitare di commettere gli stessi sbagli.

mercoledì 13 maggio 2020


L’identificazione, la protezione, la tutela e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di tutto il mondo rientrano tra le missioni principali dell’UNESCO.


Il Patrimonio rappresenta l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future. Il nostro patrimonio, culturale e naturale, è fonte insostituibile di vita e di ispirazione. Luoghi così unici e diversi quali le selvagge distese del Parco Nazionale di Serengeti in Africa Orientale, le Piramidi d’Egitto, la Grande barriera australiana e le cattedrali barocche dell’America latina costituiscono il nostro Patrimonio Mondiale. La Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale, adottata dall’UNESCO nel 1972, prevede che i beni candidati possano essere iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale come:
- patrimonio culturale:
monumenti: opere architettoniche, plastiche o pittoriche monumentali, elementi o strutture di carattere archeologico, iscrizioni, grotte e gruppi di elementi di valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico,
agglomerati: gruppi di costruzioni isolate o riunite che, per la loro architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico,
siti: opere dell’uomo o opere coniugate dell’uomo e della natura, come anche le zone, compresi i siti archeologici, di valore universale eccezionale dall’aspetto storico ed estetico, etnologico o antropologico.
 - patrimonio naturale:
i monumenti naturali costituiti da formazioni fisiche e biologiche o da gruppi di tali formazioni di valore universale eccezionale dall’aspetto estetico o scientifico,
le formazioni geologiche e fisiografiche e le zone strettamente delimitate costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate, di valore universale eccezionale dall’aspetto scientifico o conservativo,
i siti naturali o le zone naturali strettamente delimitate di valore universale eccezionale dall’aspetto scientifico, conservativo o estetico naturale.
Le Linee guida operative per l’attuazione della Convenzione definiscono come Patrimonio misto (culturale e naturale) i beni che corrispondono in parte o in tutto a entrambe le definizioni di patrimonio culturale e naturale.
- paesaggio culturale (dal 1992):
paesaggi che rappresentano “creazioni congiunte dell'uomo e della natura”, così come definiti all’articolo 1 della Convenzione, e che illustrano l’evoluzione di una società e del suo insediamento nel tempo sotto l’influenza di costrizioni e/o opportunità presentate, all’interno e all’esterno, dall’ambiente naturale e da spinte culturali, economiche e sociali. La loro protezione può contribuire alle tecniche moderne di uso sostenibile del territorio e al mantenimento della diversità biologica.
Fonti :http://www.unesco.it/it/ItaliaNellUnesco/Detail/188

venerdì 8 maggio 2020

#STEP 14- un fatto di cronaca

Roma-Feyenoord, olandesi devastarono la Barcaccia: nessun tifoso sarà processato: “Non ci sono le immagini video”
Devastarono la fontana della Barcaccia, capolavoro di Pietro Bernini appena restaurato ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, ma non saranno processati. Il processo contro i tifosi del Feyenoord che lo scorso 19 febbraio, in occasione della partita di Europa League con la Roma, ridussero in una discarica piazza di Spagna, nel cuore della Capitale, finirà in un nulla di fatto. Lo scrivono diversi quotidiani olandesi.
Il processo, iniziato lunedì mattina a Rotterdam, vede alla sbarra 44 sostenitori del Feyenoord tra i 17 e i 41 anni ma, secondo il sito di Nrc Handelsblad, “né la polizia né le autorità giudiziarie sono riuscite a scoprire chi ha causato il danno” poiché “non esistono immagini video della distruzione della Barcaccia”. Per questo motivo, i tifosi non possono essere perseguiti. Gli stessi supporter, tuttavia, saranno processati per gli scontri scoppiati con la polizia italiana.
All’epoca dei fatti il governo olandese aveva promesso che sarebbe stata fatta giustizia: “Si tratta di barbari spudorati, che hanno provocato in me un senso di vergogna: assicuriamo che queste bestie riceveranno la punizione che si meritano”, assicurava il 24 febbraio il ministro della Giustizia e la Sicurezza olandese, Ivo Opstelten.
Piazza di Spagna ridotta in una discarica
Il 19 febbraio il centro di Roma venne invaso e devastato da migliaia di tifosi olandesi del Feyenoord ubriachi, hooligans che arrivarono ad assaltare e danneggiare anche la Fontana della Barcaccia del Bernini a piazza di Spagna. Il salotto della capitale d’Italia sotto assedio, ridotto a discarica di bottiglie e rifiuti, con negozianti costretti a chiudere, romani e turisti terrorizzati.
Le avvisaglie della violenza incontrollata, complice fiumi di birra nonostante l’ordinanza anti alcol, c’erano state già il 18 sera a Campo dei Fiori con scontri e ben 23 arrestati di cui 19 condannati per direttissima. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Il giorno successivo, armati di birre e alcolici, circa 6 mila supporter olandesi si erano riversati di nuovo per le vie del centro storico e in preda all’ebbrezza avevano occupato e bivaccato a piazza di Spagna.
Quando hanno iniziato a tirare bottiglie e fumogeni, decine di poliziotti in assetto antisommossa che li controllavano sono intervenuti caricando, provocando un fuggi fuggi verso Villa Borghese e il Pincio. In piazza di Spagna è rimasto un tappeto di rifiuti, con la Fontana della Barcaccia, ormai pattumiera dopo essere stata invasa dai tifosi, scheggiata nella sua parte centrale. Era stata restaurata a settembre.

#STEP13- nell'ingegneria


La Piramide di Cheope, conosciuta anche come Grande Piramide di Giza o Piramide di Khufu, è la più antica e più grande delle tre piramidi principali della necropoli di Giza. È la più risalente delle sette meraviglie del mondo antico nonchè l'unica arrivata ai giorni nostri non in stato di rovina.
Gli archeologi specializzati nello studio dell'antico Egitto, ritengono che la piramide sia stata costruita come sepolcro del faraone Cheope, regnante della IV dinastia intorno al 2560 a.C.. In una ipotesi piuttosto accreditata viene ritenuto ideatore l'architetto reale Hemiunu.

La Grande Piramide aveva un'altezza, al momento della costruzione di 146,6 m, ridotta ai 138,8 attuali a causa dei fenomeni atmosferici e per oltre 3800 anni è stata la più alta struttura artificiale del mondo, fino a quando, intorno al 1300, venne eretta la guglia centrale della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra. In origine la piramide era ricoperta da un rivestimento di calcare bianco con superficie esterna liscia ma a causa di un terremoto avvenuto nel XIV secolo tale copertura si sgretolò e venne in seguito adoperata per la costruzione di edifici nella città de Il Cairo. Solo alcune pietre del rivestimento sono tuttora visibili attorno alla base. La maggior parte della piramide, sia nella parte visibile all'esterno che nelle strutture interne, è composta di pietre calcaree, grossolanamente sbozzate nelle parti esterne oggi visibili mentre nelle parti a vista dell'interno sono tagliate con grande accuratezza (spesso millimetrica) ed altrettanto sapientemente posizionate secondo la tecnica dell'aggetto. E’ stimato che la Piramide di Cheope pesi ben 6 milioni di tonnellate ed è senza ombra di dubbio uno dei più grandi capolavori ingegneristici della storia.


La Grande Muraglia (長城T, 长城S, ChángchéngP), nata come Wanli changcheng (萬里長城T, 万里长城S, Wànlǐ ChángchéngP, Grande muraglia di 10.000 Lǐ[1]), consiste in una lunghissima serie di mura situate nell'odierna Cina. È stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità nel 1987 e inserita nel 2007 fra le sette meraviglie del mondo moderno.

La Grande Muraglia Cinese il più grande progetto di costruzione mai intrapreso: è lunga più di 21.000 km e occorrerebbero 18 mesi per percorrerla tutta completamente a piedi.
La costruzione della Muraglia ha attraversato i secoli, le generazioni, le popolazioni e non ne è una sola vera e propria, ma si potrebbe parlare di diverse Grandi Muraglie cinesi. Esistono almeno 16 tratti separati in cui le fortificazioni corrono dal Deserto del Gobi fino alle montagne a nord di Pechino e al Mar Giallo. Le prime costruzioni si fanno risalire al VII secolo a.C. e lo scopo è sempre stato quello di proteggere la Cina dalle tribù nomadi del Nord. Il primo tratto unificato è lungo 4800 km e ha richiesto 20 anni di costruzione e centinaia di migliaia di persone per edificarla.
Fonti:
https://www.danielemancini-archeologia.it/top-10-dei-monumenti-antichi-piu-imponenti-ultima-parte/

#STEP25- Un dialogo

Puntata 4 serie tv Alessandro, dopo tutte queste vicende e dopo aver ragionato un po' su ciò che è giusto o sbagliato fare per prese...